top of page
Immagine del redattoregianluca baronchelli

Volubilis, la città romana ai piedi dell'Atlantide



Ulivi, mandorli, cedri, boschi di lecci, dolci declivi coltivati a grano e a vigneti. Raggiungere Volubilis, oggi, è anche un suggestivo viaggio nel tempo: i colori, i profumi e i paesaggi che ci accompagnano non sono poi così dissimili da quelli che avremmo potuto trovare a cavallo tra il II e il III secolo d.C., nel periodo del suo massimo splendore. La vallata ai piedi del massiccio del Jebel Zeroun, a lambire i monti Atlas, è una delle più fertili del Marocco, abitata sin dal Neolitico. Non stupisce che Volubilis - Walili in berbero e Walīlī in arabo - sia sorta proprio qui.


Una visione d'insieme di Volubilis, arrivando da est


Fondata dai cartaginesi nel III secolo a.C., poi capitale del regno mauretano di Giuba II, nel 42 d.C. passa sotto il controllo dell’Impero Romano ad opera dell’imperatore Claudio, diventando presto una delle principali città della grande provincia della Mauretania, che si estendeva dai confini della Numidia fino a Tangeri. La naturale fertilità dei terreni e possenti opere di ingegneria idraulica ne fanno da subito un centro strategico per la produzione di grano e, soprattutto, olio: le evidenze archeologiche ci raccontano che, all’epoca, circa un’abitazione su quattro era dotata di frantoio. Grazie ai commerci di olio, grano e animali selvaggi come leoni ed elefanti, destinati ai circhi dell’impero, Volubilis cresce fino a toccare i 20.000 abitanti, numero più che ragguardevole per l’epoca.



Il decumano massimo


Con l’espansione della città, e con quello che oggi chiameremmo “elevato tenore di vita” dei ceti più abbienti, muta rapidamente anche il suo assetto urbanistico. Alle domus, sempre più ricche e impreziosite da pavimenti musivi che ancora oggi possiamo in parte ammirare, si affiancano terme, archi trionfali, l’ampio Foro, il Campidoglio, la Basilica e, dal 168, un nuovo e organico sistema di mura difensive con otto porte d’accesso alla città.



L'area del Foro e della Basilica, dove nidificano le cicogne


L’ora migliore per arrivare a Volubilis è il primo mattino, oppure il tardissimo pomeriggio, quando il sole basso regala alla pietra e alle colonne della città silenziosa colore, volume e materia, facendo risaltare gli archi d’accesso che lentamente si avvicinano. Le grandi dimensioni dell’area archeologica, il flusso turistico mai troppo invasivo e l’assenza di un percorso organizzato di visita regalano sensazioni fortissime, e il privilegio di vagare spesso in assoluta solitudine tra edifici e mosaici a cielo aperto. L’accesso al sito avviene attraverso la porta sud-orientale: da qui, risalendo verso nord-ovest, ci si imbatte dapprima nelle testimonianze dell’antica Volubilis di età punica, con i primi frantoi, a testimonianza di quanto sia radicata e antica la tradizione olearia della zona. Una leggera salita ci accompagna alla scoperta della Volubilis romana: le terme di Gallieno prima, e poi eccoci al cuore della vita politica, sociale e amministrativa della città: il Campidoglio, eretto nel 217 e dedicato a Giove, Giunone e Minerva, il Foro, con numerose iscrizioni latine ancora ben leggibili, e la maestosa Basilica a tre navate con abside centrale, all’epoca sede dell’amministrazione della giustizia. Oggi le colonne della Basilica e del portico del Foro ospitano le cicogne più famose e fotografate del Marocco, che hanno scelto di nidificare in questo paradiso paesaggistico e architettonico, per la gioia loro e di tutti i fotografi che passano da qui...! All’intersezione tra cardo e decumano, a dividere tre quartieri, si erge il possente arco onorario dedicato a Caracalla, eretto nel 217, ingresso in città per chi proveniva da nord-est. Fermatevi qui, sotto l’arco, nel silenzio assoluto, e abbracciate con lo sguardo Volubilis e l’infinita piana declinante con le sue ordinate coltivazioni.


L'arco di Caracalla


Tra le domus più suggestive, la Casa del Cavaliere con il mosaico di Bacco e Arianna, la Casa delle Fatiche di Ercole, il cui mito era molto sentito a queste latitudini, la Casa di Dionisio con la rappresentazione delle Quattro Stagioni, e la Casa di Orfeo, la più ricca e sfarzosa della città, con il mosaico dei Delfini e, soprattutto, Orfeo che incanta gli animali suonando la lira. Ci sarebbe poi anche la Casa del Cane, degna di nota non tanto per la sua ricchezza ma perché era il lupanare della città: qui, nella ricerca di solidità e concretezza, non si è puntato molto sui mosaici, ma fa ancora bella mostra di sé un fallo scolpito nella pietra, “marchio di fabbrica” e insegna dei bordelli in tutto l’impero, come possiamo vedere anche a Pompei.



I mosaici della Casa delle Fatiche di Ercole


Volubilis perde progressivamente importanza e centralità a partire dal 280, quando resta esclusa dai nuovi confini della provincia stabiliti da Diocleziano, restando comunque abitata ancora a lungo da berberi e cristiani, fino all’arrivo degli arabi. Nel 788 re Idriss I, ovvero Mulay Idriss, il fondatore dell’omonima città santa, fissa qui la sua capitale. Il declino definitivo avviene a partire dal XVII secolo, sotto il regno di Mulay Isma'il, che decide di spoliare i marmi della città per abbellire i palazzi di Meknès.

Oggi Volubilis - sebbene indagata per meno della metà della sua massima estensione - rappresenta il principale sito archeologico del Marocco con i suoi 45 ettari di scavi, e dal 1997 è iscritta alla lista dei Patrimoni dell’Umanità dell’Unesco. Su di lei, ogni giorno, vegliano le cicogne, così come nella mitologia antica questi eleganti uccelli si prendevano cura degli anziani genitori.


[testi e fotografie © GianlucaBaronchelli / TRAVELER National Geographic – 2022]

Comments


bottom of page